Guardare alle proprie radici
Un caro abbraccio a tutti voi, don Francesco Ondedei per il Centro Missionario Diocesano
Avevo incrociato Alberto, presidente dell’associazione “Partecipa anche tu!”, in diverse occasioni agli incontri diocesani, ma non sarei riuscito a comprendere nulla se non avessi avuto modo di incontrarli. E Alberto è un tipo che non molla! E quello della tenacia è un carattere che appartiene al PAT: non a caso festeggiano i 35 anni!
Trentacinque: per i tempi che corriamo è l’età della maturità, per Isaia il mezzo del cammino di vita, per qualcuno è solo il numero di scarpe. Non importa: alla fine ci siamo trovati alla sede qualche tempo fa! Ci arrivo con le indicazioni che mi forniscono: Tangenziale verso san Lazzaro, complanare a destra verso Ozzano, tutta!, un paio di rotonde, poi lascia cadere l’occhio sulla sinistra a Maggio: non il mese, ma il paesello! Dalla via Emilia la strada si innesta come un’ansa di un fi ume e il cartello è impossibile non vederlo. L’edifi cio è affi ancato dall’asilo delle Suore Francescane Adoratrici, che ospitano l’associazione e lì hanno la casa madre. Ci sono anche loro all’incontro. La fondatrice, suor Maria Francesca Foresti, riposa nella cappellina a fi anco della scuola. Un pulsare per l’associazione viene da lì! L’altro cuore che ritorna spesso nelle loro parole è Don Guido Franzoni, prete diocesano, arrivato da queste parti percorrendo “a piedi la strada che porta al colle di San Pietro, della quale prese possesso solo dopo essersi così presentato... non era lì per esercitare un’autorità, era lì per noi. Quella lunga passeggiata servì a tracciare una linea ideale... la via che ci esortò a percorrere: quella che conduce a Dio!”. Sono alcune parole di chi lo ha stimato. Un altro punto fermo mi ha toccato durante l’incontro. Chiedendo quale fosse il punto di partenza, il paziente zero che li aveva infettati con la febbre della missione, mi hanno raccontato che la loro decisione è avvenuta a seguito della strage di Bologna del 2 agosto 1980. La strage fu un atto d’odio che tuttora interroga e di fronte al quale loro hanno deciso di rispondere con un atto d’amore. Da questo nacque l’associazione. Cari amici del PAT, i progetti che avete fatto nascere dall’amicizia sono tutti ritratti sulle pareti di quella che è più una casa che una sede. Ci sono foto di volti (molto meglio rispetto a quelle foto anonime di edifi ci nuovi e gente intruppata che certe volte dovrebbero testimoniare l’impegno missionario): Uganda, Argentina, Bielorussia, Perù, Romania. Tra tutti gli amici con cui siete stati in contatto non posso non ricordare che proprio da voi ha fatto visita il Servo di Dio padre Daniele Badiali! E avete deciso che si debba anche andare sul posto per costruire relazioni signifi cative! Allora il primo augurio che rivolgo a tutti voi è in realtà un grazie, perché ci ricordate che senza una trasmissione corpo a corpo non c’è missione: la missione per delega è un modo comodo per stare seduti! È un gran regalo che Dio ci fa quello di poter uscire e andare verso gli altri. E poi prendo a prestito un pensiero di Paolo VI: “Il cristianesimo non è facile ma è felice”. Potrà non sembrarvi facile passare certi momenti di crisi, di cambiamento, ma l’augurio è, dai rami dove siete saliti, di guardare alle vostre radici. È l’esperienza del fi danzamento di Dio e del suo popolo narrata da Osea: ti attirerò di nuovo nel deserto. Lo auguro a voi perché lo auguro anche alla diocesi intera nel suo respiro missionario: non più brevi respiri ma ossigeno a fi otti nei polmoni. Siete un bel segno per tutti noi e nel cammino diocesano ci si può scambiare esperienza e sostegno! Potrebbe essere un’idea che nella prossima giornata missionaria mondiale di ottobre 2015 col tema “Dalla parte dei poveri” possiate aprire un piccolo varco insieme ad altre associazioni per uno scambio di doni tra poveri. La piena esperienza di apostolato Pietro la fa (Atti 10) quando si scopre completamente povero in Cristo: povero perché pensa di essere lui ad andare incontro ma in realtà è Cornelio che esce da casa sua e lo raggiunge. E rende evidente che lo Spirito era disceso su di loro, già, non battezzati. Pietro si deve dichiarare povero di fronte all’azione di Dio e compiere il suo servizio, con il battesimo di questi che erano già stati innestati in modi inattesi alla salvezza di Cristo. Chissà quanto di inatteso c’è pure nel vostro immediato futuro: forse avrete da comprendere come passare a un PAT 2.0, oppure magari dovete tornare a fare i passi lenti e meditati del cercatore di perle tra le sabbie fangose. Magari fuori della vostra porta ci sono nuovi volti e tanto Vangelo pronti a darvi cuore. Non lo so! Sarà bello che ce lo raccontiate man mano.
Un caro abbraccio a tutti voi, don Francesco Ondedei per il Centro Missionario Diocesano
Trentacinque: per i tempi che corriamo è l’età della maturità, per Isaia il mezzo del cammino di vita, per qualcuno è solo il numero di scarpe. Non importa: alla fine ci siamo trovati alla sede qualche tempo fa! Ci arrivo con le indicazioni che mi forniscono: Tangenziale verso san Lazzaro, complanare a destra verso Ozzano, tutta!, un paio di rotonde, poi lascia cadere l’occhio sulla sinistra a Maggio: non il mese, ma il paesello! Dalla via Emilia la strada si innesta come un’ansa di un fi ume e il cartello è impossibile non vederlo. L’edifi cio è affi ancato dall’asilo delle Suore Francescane Adoratrici, che ospitano l’associazione e lì hanno la casa madre. Ci sono anche loro all’incontro. La fondatrice, suor Maria Francesca Foresti, riposa nella cappellina a fi anco della scuola. Un pulsare per l’associazione viene da lì! L’altro cuore che ritorna spesso nelle loro parole è Don Guido Franzoni, prete diocesano, arrivato da queste parti percorrendo “a piedi la strada che porta al colle di San Pietro, della quale prese possesso solo dopo essersi così presentato... non era lì per esercitare un’autorità, era lì per noi. Quella lunga passeggiata servì a tracciare una linea ideale... la via che ci esortò a percorrere: quella che conduce a Dio!”. Sono alcune parole di chi lo ha stimato. Un altro punto fermo mi ha toccato durante l’incontro. Chiedendo quale fosse il punto di partenza, il paziente zero che li aveva infettati con la febbre della missione, mi hanno raccontato che la loro decisione è avvenuta a seguito della strage di Bologna del 2 agosto 1980. La strage fu un atto d’odio che tuttora interroga e di fronte al quale loro hanno deciso di rispondere con un atto d’amore. Da questo nacque l’associazione. Cari amici del PAT, i progetti che avete fatto nascere dall’amicizia sono tutti ritratti sulle pareti di quella che è più una casa che una sede. Ci sono foto di volti (molto meglio rispetto a quelle foto anonime di edifi ci nuovi e gente intruppata che certe volte dovrebbero testimoniare l’impegno missionario): Uganda, Argentina, Bielorussia, Perù, Romania. Tra tutti gli amici con cui siete stati in contatto non posso non ricordare che proprio da voi ha fatto visita il Servo di Dio padre Daniele Badiali! E avete deciso che si debba anche andare sul posto per costruire relazioni signifi cative! Allora il primo augurio che rivolgo a tutti voi è in realtà un grazie, perché ci ricordate che senza una trasmissione corpo a corpo non c’è missione: la missione per delega è un modo comodo per stare seduti! È un gran regalo che Dio ci fa quello di poter uscire e andare verso gli altri. E poi prendo a prestito un pensiero di Paolo VI: “Il cristianesimo non è facile ma è felice”. Potrà non sembrarvi facile passare certi momenti di crisi, di cambiamento, ma l’augurio è, dai rami dove siete saliti, di guardare alle vostre radici. È l’esperienza del fi danzamento di Dio e del suo popolo narrata da Osea: ti attirerò di nuovo nel deserto. Lo auguro a voi perché lo auguro anche alla diocesi intera nel suo respiro missionario: non più brevi respiri ma ossigeno a fi otti nei polmoni. Siete un bel segno per tutti noi e nel cammino diocesano ci si può scambiare esperienza e sostegno! Potrebbe essere un’idea che nella prossima giornata missionaria mondiale di ottobre 2015 col tema “Dalla parte dei poveri” possiate aprire un piccolo varco insieme ad altre associazioni per uno scambio di doni tra poveri. La piena esperienza di apostolato Pietro la fa (Atti 10) quando si scopre completamente povero in Cristo: povero perché pensa di essere lui ad andare incontro ma in realtà è Cornelio che esce da casa sua e lo raggiunge. E rende evidente che lo Spirito era disceso su di loro, già, non battezzati. Pietro si deve dichiarare povero di fronte all’azione di Dio e compiere il suo servizio, con il battesimo di questi che erano già stati innestati in modi inattesi alla salvezza di Cristo. Chissà quanto di inatteso c’è pure nel vostro immediato futuro: forse avrete da comprendere come passare a un PAT 2.0, oppure magari dovete tornare a fare i passi lenti e meditati del cercatore di perle tra le sabbie fangose. Magari fuori della vostra porta ci sono nuovi volti e tanto Vangelo pronti a darvi cuore. Non lo so! Sarà bello che ce lo raccontiate man mano.
Un caro abbraccio a tutti voi, don Francesco Ondedei per il Centro Missionario Diocesano